lunedì 14 marzo 2011

Da sei anni la famiglia Di Sanzo chiede giustizia per la morte di Prospero

POLICORO – Il diritto applicato alla lettera spesso è sinonimo di ingiustizia come dicevano i latini. Ma quando la legge è latitante l’ingiustizia c’è sempre. E la rabbia è ancora maggiore quando alla perdita di un proprio caro non fa seguito il giusto risarcimento danni. Che non rimargina il dolore, ma almeno da atto alla legge terrena di avere un volto umano e un’anima. Ma nel momento in cui scriviamo chissà per quanto tempo ancora Enza Di Sanzo dovrà girare per le aule del tribunale di Pisticci nel frattempo che la causa civile del padre veda la luce: a sentenza. Sei anni e mezzo fa in un cantiere di Novara il padre, Prospero, della giovane ragazza di Policoro lavorava per una ditta del posto ai lavori per l’alta velocità ferroviaria nel lontano Piemonte, quando perse la vita sul lavoro schiacciato da una gru e sul rispetto delle norme di sicurezza non si è mai saputo nulla. Da allora in poi è iniziato il calvario di tutta la sua famiglia. Nessuno si è fatto vedere o sentire: nemmeno una parola di conforto, un supporto morale come si suol dire, per non parlare di quello materiale: “Nella sede Inail di Vercelli –racconta la ragazza- mi hanno quasi cacciata nel momento in cui ho chiesto un nostro diritto relativo all’infortunio sul lavoro di mio padre, anzi mi hanno risposto: “lei è abile vada a lavorare!”. Poi è stata elargita a mia madre una pensione per la morte bianca di mio padre di 1000,00, ma quando mia madre per cause naturali è venuta poi meno noi figli non abbiamo avuto più nulla. Mio padre –continua la ragazza che non si dà pace per il muro di indifferenza che circonda la vicenda- era prossimo alla pensione avendo lavorato in quella ditta per 34 anni facendo molto spesso turni massacranti. Al suo decesso si fosse fatto vivo qualcuno…la ditta si è difesa con uno stuolo di avvocati dicendo in buona sostanza: “sono cose che capitano…” . Ci siamo rivolti al un legale per accertare eventuali responsabilità penali, ma ci ha consigliato di archiviare la pratica e a questo punto abbiamo intrapreso la via civile del risarcimento danni rivolgendoci ad un altro legale. Il 12 marzo 2010 quando si doveva celebrare l’udienza siamo andati alle 08:00 del mattino in tribunale e ci hanno fatto aspettare fino alle 14:30 per dirci nel pomeriggio: l’udienza è aggiornata al 2011! Poi il nostro avvocato ci ha detto che dovevamo avere pazienza perché è cambiato il giudice e dunque c’è bisogno che il suo sostituto si studi il fascicolo. Nel frattempo sono passati sei lunghi anni, mia madre è deceduta e noi figli stiamo girando in continuazione”. Giustizia mancata, giustizia negata.


Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

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