sabato 29 ottobre 2011

Ma quei vestiti sono di Luca?

Sono riemersi dal nulla in cui sembravano relegati in anni di indagini complesse, ma per certi versi anche confuse da un’autopsia tardiva e poco utile a stabilire la dinamica della tragica morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i fidanzatini di Policoro trovati senza vita la sera del 23 marzo 1988. Parliamo dei vestiti che Luca indossava quella sera, scomparsi ufficialmente il 17 dicembre del 2010, quando fu riaperto il loculo del cimitero di Policoro per effettuare la seconda straziante autopsia sui resti del giovane. Un esame autoptico complesso per i 23 anni trascorsi dall’evento morte ed i 14 dalla prima perizia, effettuata dal professor Giancarlo Umani Ronchi dell’università “La Sapienza” di Roma. Proprio nell’ateneo, uno dei tanti depositi di reperti custodiva (forse) i vestiti chiusi nella protocollare busta in uso alla polizia scientifica. Nell’immediatezza dell’estumazione di un anno fa, la madre di Luca, Olimpia Fuina, denunciò subitola strana assenza di quei vestiti nel loculo; lei ricordava bene di aver chiesto che, nel 1996, dopo la prima autopsia, venissero chiusi nella nicchia insieme con la bara. Anche il necroforo del cimitero di Policoro disse di ricordare che fossero stati raccolti emessi dietro la bara, all’interno del loculo. Eppure, oggi, almeno secondo il pubblico ministero, Rosanna De Fraia, che coordina le nuove indagini dopo averne in un primo momento chiesto l’archiviazione, quei vestiti erano a La Sapienza. Il magistrato ne era talmente certa, da delegare agli agenti del Commissariato di Scanzano il recupero di quei bustoni. Quello dei vestiti è un ulteriore elemento di mistero, un’altra stranezza che si aggiunge alle tante accumulate in questi 23 anni su un caso che, forse, non si chiarirà mai. Soprattutto dopo che l’ultima autopsia, condotta dal professor Francesco Introna del Policlinico di Bari, è tornata indietro di 14 anni, riproponendo la morte per avvelenamento da monossido di carbonio, smentendo di nuovo le risultanze della Scientifica, che aveva certificato di non aver trovato tracce di monossido nei tessuti dei due giovani. Allora è legittimo chiedersi:in quei bustoni ci sono realmente i vestiti di Luca Orioli, o tutto potrebbe risolversi in un nulla di fatto? La risposta si potrà conoscere solo domani, quando alle 17.30 presso il Commissariato di Scanzano, i bustoni verranno aperti alla presenza della mamma di Luca e del suo avvocato, Francesco Auletta, oltre che dell’anatomopatologo, Francesco Introna e della Scientifica di Matera. Olimpia ricorda benissimo cosa indossava Luca quella sera, lo ha sempre indicato con la massima precisione, anche all’atto di denunciare, per l’ennesima volta, la scomparsa di quei vestiti. In quei bustoni dovrebbero esserci certamente un paio di jeans, una maglietta di cotone e un maglioncino, oltre che forse dei calzini. Molto probabilmente non ci sarà l’osso ioide, dalla cui frattura si potrebbe ipotizzare lo strangolamento di Luca, anch’esso misteriosamente scomparso. Olimpia saprà riconoscere con assoluta certezza quel vestiario, ne ricorda colori, fantasie e tessuto senza alcuna ombra di dubbio. Quindi, solo domani si potrà sapere se questo “miracoloso ritrovamento”, a un anno dall’estumazione e dalla contestuale denuncia di smarrimento, è una cosa seria o una bufala. Perchè anche quest’ultima ipotesi è verosimile, visto che in teoria questi reperti sono stati ammassati per 14anni in un deposito comune a tanti altri resti di omicidi o casi di morte violenta. E’ vero, probabilmente su quei bustoni c’è un contrassegno che li lega al tragico caso di Policoro, ma nulla vieta che ci sia stato un errore di archiviazione, commesso senza dolo nel 1996. Questo perché Olimpia aveva chiesto con determinazione che quei vestiti fossero custoditi
vicino la bara di Luca, visto che le indagini erano ufficialmente chiuse. Ma se, invece, la Procura fosse stata “illuminata” da un’intuizione risolutiva di questo angolo di mistero, l’analisi scientifica di quei vestiti potrebbe aprire qualche varco nelle indagini, nuovamente arenate sul monossido di carbonio. L’elemento determinante, che la difesa di Olimpia Fuina ha chiesto di cercare con la massima attenzione, è il Dna mitocondriale di eventuali terze persone, che dimostri la tesi dell’omicidio. Ma se quelli fossero davvero i vestiti di Luca, sullo sfondo restano comunque interrogativi piuttosto inquietanti: chi ha suggerito di cercare a colpo sicuro in quel deposito de La Sapienza, dopo un anno di indagini ed a pochi mesi dal deposito di una perizia, che rischia di mettere una pietra tombale sul caso? Se quella risposta ai fatti denunciati dalla mamma coraggio era così “a portata di mano”, perchè non la si è fornita più tempestivamente? I chiarimenti potranno arrivare solo dopo aver accertato che quelli sono realmente i vestiti di Luca.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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