martedì 8 maggio 2012

Chieste le condanne per l’affaire Marinagri


Vitale e Lopatriello in attesa del giudizio d’Appello
La condanna di tutti e quattro gli imputati, sia pur al minimodella pena, è stata chiesta giovedì 3 dalla pubblica accusa nel
processo d’appello per le persone già assolte in primo grado nell’ambito dell’in - chiesta «Toghe lucane», a suo tempo avviata dall’ex pm diCatanzaro Luigi de Magistris su un presunto comitato politico- affaristico giudiziario operante in Basilicata, per le quali venne chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito del filone sui presunti illeciti nella realizzazione del complesso turistico «Marinagri», a Policoro. Le richieste di condanna sono arrivate al termine della requisitoria del sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla e la difesa degli imputati ha già iniziato con il chiedere di dichiarare inammissibile l’appello dell’accusa, che a dire degli avvocati si baserebbero solo su atti d’indagine poi superati dalla sentenza con la quale, l’11 dicembre del 2009, il giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro, Gabriella Reillo, al termine dei giudizi abbreviati scagionò i quattro accusati. Quanto al merito l’avvocato Aldo Casalnuovo è tornato a ribadire che l’iter amministrativo per la realizzazione di Marinagri sarebbe stato perfettamente legittimo, e che nessuna delle contestazioni mosse dagli inquirenti sarebbe fondata. Non sussisterebbe, in particolare, alcuna violazione edilizia nè tanto meno alcuna truffa ai danni del ministero delle Attività produttive che peraltro, ha sottolineato il legale, effettuò solo un investimento minimo nella realizzazione del villaggio turistico. Le arringhe difensive riprenderanno il 21 giugno, giorno in cui è attesa anche la sentenza per i quattro imputati: Vincenzo Vitale e Marco Vitale, titolari della struttura turistica«Marinagri»; Nicolino Lopatriello, ex sindaco del Comune di Policoro, e Felice Viceconte, dirigente del settore Urbanistica dello stesso Ente. In primo grado anche lo stesso pubblico ministero, Alberto Cianfarini, chiese che i quattro accusati fossero assolti «perchè il fatto non costituisce reato», e il giudice scagionò tutti proprio con quella formula, disponendo inoltre il dissequestro della struttura turistica, e dell’altro materiale cui gli investigatori avevano apposto i sigilli.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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