lunedì 23 luglio 2012

Bimbo con la febbre alta in attesa per 2 ore


POLICORO - «Se il Pronto soccorso di un ospedale per acuti deve funzionare così, sarebbe meglio chiuderlo all'istante». E' lo sfogo di Roberta Ianniello, giovane mamma di
Potenza, che sabato 14 ha vissuto ore di ansia ed apprensione per quello che definisce «un inaccettabile ritardo» nel prestare le cure dovute al suo bambino di appena 20 mesi, ricoverato all'ospedale “Giovanni Paolo II” di Policoro con la febbre a 40. «Sono arrivata in Pronto soccorso alle 18 -racconta la mamma- mi hanno lasciato in sala d'attesa con il bimbo in evidente stato di sofferenza per almeno un'ora e mezza, senza neppure procedere a registrare il piccolo paziente, acquisendo la relativa documentazione sanitaria. Poi, intorno alle 19.30, mi hanno chiamato ma solo per la compilazione della cartella clinica. Ho dovuto attendere un'altra mezz'ora per vedere finalmente la pediatra, che ha visitato il bimbo diagnosticando un colpo di calore. Infine, dulcis in fundo, si era smarrita la cartella clinica, che è stata ritrovata intorno alle 22, quando finalmente sono uscita da un'esperienza da dimenticare. Tanto che la dottoressa mi aveva indicato la necessità di un ricovero, ma ho preferito evitare per portare mio figlio in una struttura più affidabile». Una situazione inaccettabile per un sistema sanitario che si rispetti, «certo -conclude la mamma rincarando la dose anche perché con me ad attendere c'era un'altra mamma con il bambino affetto da otite; in ospedale le hanno detto che non c'è un otorino,
per cui le hanno consigliato di rivolgersi in una struttura privata (di sabato sera praticamente chiusa), oppure in un altro ospedale, ma il più vicino è a Matera». Nelle scorse settimane, il Quotidiano si era occupato già della disastrosa situazione al Pronto soccorso jonico, raccogliendo la denuncia di un'infermiera sindacalista, che aveva elogiato la dotazione della struttura, criticando aspramente la cronica carenza di personale medico e paramedico. Come avere una Ferrari, dicemmo in quell'occasione, senza il numero sufficiente e qualificato di conducenti. Chi lavora alla razionalizzazione della sanità regionale, non può ignorare casi come quello di Roberta Ianniello e del suo bambino.


Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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