domenica 14 ottobre 2012

Perseguitato dal tributo 660


POLICORO - A sette anni dalla sua abolizione, scaturita da un'autentica battaglia popolare, il famigerato tributo 660 del Consorzio di bonifica di Bradano e Metaponto, continua a perseguitare i cittadini della fascia jonica. Si tratta di un balzello applicato legittimamente alle abitazioni rurali, per consentire al Consorzio di finanziare le opere di bonifica e salvaguardia degli equilibri idrogeologici nelle campagne e sui canali di competenza. Un tributo diventato giocoforza illegittimo, quando molte di queste abitazioni su tutta la fascia jonica sono state praticamente inglobate nel tessuto urbano, perdendo la loro natura rurale-contadina. L'ottusità della norma non ha contemplato questo mutamento geopolitico, iniziato già sul finire degli anni Settanta, continuando ad imporre un pagamento di fatto divenuto illegittimo. Molti cittadini hanno comunque pagato per oltre vent'anni, tra mille difficoltà, fino alla battaglia ingaggiata da un comitato civico, il Mab, che nel novembre 2006 ha vinto, complice una Regione sonnolenta, ma alla fine partecipe. Sta di fatto che il Consorzio di bonifica, oberato da oltre 13 milioni di debiti, continua a pretendere il pagamento di quest'obolo almeno fino al 2006 e perseguita, tramite il braccio operativo di Equitalia a cui ha ceduto il credito, i poveri cittadini, che hanno qualche vuoto nei pagamenti passati. Ciò accade, si badi bene, senza effettuare neppure l'ordinaria manutenzione sui canali, che dovrebbe essere stata finanziata da 50 anni di pagamenti. Al danno si aggiunge la beffa, ovvero il disservizio. Ma in mezzo a tanti casi di “incolpevoli inadempienti”, c'è anche chi come Domenico Merlino, imprenditore edile 76enne di Policoro, oggi sarebbe costretto a pagare oltre 100mila euro tra presunti tributi inevasi (ma non addebitabili a lui) ed altri crediti accessori. Merlino ha subìto anche alcuni pignoramenti, cercando di difendersi dalla morsa di Equitalia, finora senza alcun risultato apprezzabile.
Nel frattempo il Consorzio di bonifica fa Ponzio Pilato e scarica sull'ente riscossore. La storia paradossale di Merlino inizia negli anni Ottanta, quando da costruttore realizza 40 immobili lungo via Brennero (angolo via Monterosa)
a Policoro. Quell'area, già all'epoca, era classificata come urbana, quindi non più soggetta al tributo 660. Tutti gli edifici sono stati realizzati con licenza a nome di Merlino, pur se costruiti dalla società “Jonica costruzioni Srl”, di cui lui era socio. Nel 1989 la società è fallita, Merlino ne era uscito già nel '88. E' subentrata la “Jolly service” di Napoli, che ha acquistato tutto il lotto con la formula del “concordato preventivo”, un affare da parecchi miliardi di vecchi lire. La beffa è che ancora oggi il Consorzio di bonifica continua a chiedere a
Merlino 30mila euro di contributo non pagato per gli anni dal 1990 al 2006, quando è stato abolito. L'ulteriore beffa è che, nell'elenco dei beni assoggettati al 660, ci sono anche immobili intestati alla moglie di Merlino, che ha già pagato ma viene comunque invitata a pagare ancora. Ma com'è possibile pretendere da un imprenditore che non fa più parte di una società dal 1988 un tributo illegittimo già dal 1982? Non dovrebbe essere la Jolly service, che ha rilevato il lotto nel 1989 a pagare gli oneri del 660 fino al 2006? La questione sembra così semplice, ma di fatto il cittadino di Policoro è rimasto intrappolato in una spirale a cui si sono aggiunti anche gli oneri della vecchia Ici, facendo lievitare il debito di Merlino, oggi in pensione, alla cifra esorbitante di ben 100mila euro. «Non potrò mai pagare una cifra del genere -spiega l'ex imprenditore padre di due figli ancora in cerca di occupazione- tanto più perché mi vengono addebitate cifre illegittime, ma nonostante ciò già pagate da me, come dimostrano delle regolari ricevute, sulla base delle quali qualcosa mi è stata già scorporata. In particolare, ho pagato le cartelle fino al 1995, pur non essendo tenuto a farlo dal 1988; nel 1993 era già subentrata la Jolly service, come conferma l'atto notarile in mio possesso. Intanto il Consorzio mi restituisce le mie comunicazioni, pur essendo in possesso di mie formali comunicazioni in base alle quali dal 1987 quegli immobili non dovevano più essere accatastati a nome mio, ma a Jonica costruzioni». Eppure, ancora il 15 maggio del 2002, il Consorzio scriveva alla “Spett.le ditta Morlino Domenico – Via Brennero 999”, che non è mai esistita, ribadendo il mancato pagamento della cartella di un immobile, in assenza di ricorso. La beffa continua, e come Merlino ci sono tanti cittadini vittime di questo paradosso.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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