venerdì 15 marzo 2013

L’orario dello scontrino non corrisponde alla cessione di un bene da 1 euro. Sanzione per un commerciate


POLICORO – Uno scontrino di 1 euro anticipato di sessanta minuti per colpa del ritardato adeguamento all’ora solare a fine ottobre è costato ad un imprenditore commerciale di Policoro una sanzione di 738,00. Un gruppo di persone cena in un noto ristorante del centro jonico, paga il conto ma prima di uscire uno di loro ordina un ginseng dal costo di un euro. Lascia lo scontrino sul tavolo dopo aver bevuto e si appresta ad uscire. Solo che ad aspettarlo fuori ci sono gli 007 del fisco che gli chiedono cosa avesse consumato. L’avventore gli dice un ginseng e come contro risposta gli viene detto di fornire la prova: il documento fiscale. Il cliente non sembra credere ai suoi occhi e alle sue orecchie quando capisce che non è uno scherzo ma si trova davanti i verificatori fiscali in carne e ossa. A questo punto replica presso a poco così: “E’ sul tavolo dentro il ristorante!”. Allora entrano e il titolare gli mostra lo scontrino solo che con un eccesso di zelo i funzionari riscontrano che il registratore di cassa non era stato aggiornato al cambio dell’ora e dunque lo scontrino non era attendibile. A nulla sono valse né la testimonianza di chi ha usufruito del bene né dello stesso gestore che si vede notificare in seduta stante una sanzione con la possibilità di chiudere la partita con il fisco pagando circa 238,00 subito, sanzione ridotta. Da parte sua il titolare decide di impugnare il provvedimento consapevole di avere ragione e non aver evaso il pagamento dei tributi di appena 1 euro. Purtroppo e delle settimane scorse il rigetto del ricorso con l’aggravante che ora dovrà pagare ben 738,00! Come alternativa potrebbe impugnare la cartella di pagamento ma è propenso a malincuore a saldare il suo “debito” sostenendo: “Questa è l’Italia!”. Un’ingiustizia palpabile, e lo si vede guardando in faccia il contribuente/imprenditore che con fatica alza la saracinesca la mattina e la chiude a tarda serata; dà lavoro e valorizza l’enogastronomia locale. In cambio lo Stato anziché usare il buon senso del padre di famiglia, la prima regola anche se non scritta del quieto vivere di ogni Stato che si definisca civile, si scaglia contro chi tiene una luce accesa, segnale di vivacità cittadina, dà un servizio, crea posti di lavoro e contribuisce al Pil (Prodotto interno lordo) della nazione. Forse non tutti sanno che se il Paese è in crisi, lo è perche cresce poco in termini di produttività. Ma se le imprese vengono perseguitate come fa l’Italia a uscire dalla crisi? Se chiudono negozi e imprese l’economia dismette i panni del liberismo per indossare quegli stretti e bocciati dalle lancette d’orologio della storia, e non di un semplice ristorante, del socialismo reale dove tutto è in mano a burocrati dello Stato che assurgono a moralizzatori della società civile interpretando la legge con gli amici e applicandola ai nemici. Ci sono persone che evadono per campare e quelle che evadono per comprarsi yatch da mille e una nota magari intestati a società di comodo, che per la cronaca sono improduttive per il Pil.

Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

Nessun commento:

Posta un commento