mercoledì 10 luglio 2013

Gianni Fabbris: “Un’altra Basilicata è possibile”

Lunedi 8 Luglio 2013, convocati da un appello su Facebook della rete “Un'altra Basilicata è possibile”, con una serie di movimenti, associazioni di base, circoli, rappresentanti istituzionali impegnati negli ultimi anni in diverse iniziative nel sociale, per i diritti, per la difesa dell'ambiente e del territorio, per il lavoro e contro l'illegalità ci siamo trovati a Potenza in Via Rosselino 14 nei locali del  Circolo DEAN (di fianco alle scuole elementari). Abbiamo discusso dell'autunno, della crisi sociale, economica, ambientale e di democrazia in cui siamo ricacciati e lo faremo legittimati dalle molte buone pratiche in cui siamo impegnati e dalle tante proposte di alternativa alle scelte di sviluppo e di governo che stanno condannando la Basilicata ad un destino di impoverimento, di spoliazione, di degrado sociale di cui siamo portatori. Partiremo da noi, che siamo soggetti veri in campo tutti i giorni dell'anno e non sigle inventate per una campagna elettorale. E’ stata una discussione di merito sui progetti e le alternative di governo al quadro che ci ha portato fin qui ma, anche di metodo, su come si può rispondere effettivamente alla grande domanda di cambiamento che sale dalla nostra gente. La discussione è partita da un intervento via streaming di Renato Accorinti (neoletto sindaco di Messina) e di Luigi Sturniolo (consigliere comunale della lista di Accorinti). Riparte da Messina, non tanto perchè si abbia bisogno di modelli esterni ma perchè li una proposta elettorale di cambiamento ha vinto contro tutto l'establishment e contro un candidato  delle grandi intese sostenuto da tutti (dall'UDC, al PD, a SEL). A noi piace quella vittoria senza guru e senza vip nazionali e senza urlare contro tutto e tutti  perchè parla del riscatto della partecipazione dei cittadini, della coerenza, dell'impegno dei movimenti che negli anni hanno condotto una lunga battaglia contro il ponte sullo stretto e il modello di sviluppo che presupponeva, quello degli affari mafiosi e per un'altra idea di società di economia e di territorio. Una vittoria costruita anche per la capacità di stare con i piedi per terra, di essere credibili nella proposta di governo del territorio, di aggregare interessi a volte contraddittori ma uniti dall'idea di cambiamento vero. La Basilicata è così distante da Messina? Le loro battaglie contro lo stretto, contro le mafie e per un'altra economia del lavoro e dell'inclusione sono tanto diverse dalle nostre contro le trivelle, per l'agricoltura sociale, la illegalità e l'usura, la difesa del territorio ed uno sviluppo centrato sulla valorizzazione dei beni comuni e delle nostre risorse culturali, turistiche e ambientali?  Ma noi sappiamo di non bastare, non basta mettere insieme i movimenti dell'impegno sociale.  Abbiamo, piuttosto, bisogno di realizzare le migliori condizioni per realizzare una sorta di Comitato di Liberazione (si proprio come durante una guerra) che sappia mettere insieme le migliori energie, professionalità, competenze, interessi leciti intorno all'idea che un'altra Basilicata non solo è possibile ma assolutamente necessaria e dobbiamo farlo ora. In una parola una coalizione ampia di interessi che si proponga come vera alternativa di governo per la Basilicata interpretando il grande bisogno di cambiamento e di discontinuità e declinandola con “pulizia”, “onestà”, “competenza”, “tutela e rispetto dei beni comuni e degli interessi collettivi”, “alternativa di modello di sviluppo”. Servono dunque tutti ed a nessuno è consentita la scorciatoia di puntare a farsi la propria lista autoreferente o il proprio progetto personale: dovremo tutti saper fare un passo indietro e saper costruire l'unità delle forze per il cambiamento. Soprattutto serve  coinvolgere perchè assumano direttamente la responsabilità delle scelte e si includano,  gli uomini e le donne, i giovani  lucani che hanno provato a fare impresa in questi anni, che hanno cercato lavoro, che hanno candidato progetti, che hanno chiesto risposte per i servizi, che hanno tentato di lavorare o di amministrare con onestà e professionalità  si sono trovati di fronte sempre allo stesso quadro di una Regione impoverita, di una macchina amministrativa inefficiente, di una classe dirigente e politica sempre più incapace di governare e garantire il futuro. Se c'è una responsabilità tanto grave da non essere in alcun modo giustificabile e riparabile che ha la classe dirigente di questo Centrosinistra lucano (ma anche la sua sedicente opposizione; opposizione a cosa se l'idea di società, di sviluppo e di gestione del potere  è praticamente sovrapponibile?) questa va cercata nella subalternità totale all'ideologia del modello economico e sociale globale che ha imposto la crisi ed all'incapacità di opporvi soluzioni che mettessero a valore le specificità di questa Regione. Di più: lo sfascio della Basilicata di fronte all'impatto devastante della grande trasformazione di questo ultimo quarto di secolo, quello della globalizzazione dei mercati, della finanziarizzazione dell'economia, dello svuotamento delle funzioni produttive e del lavoro, sta soprattutto nell'incapacità delle sue classi dirigenti di averlo compreso per tempo e di aver saputo se non  offrire soluzioni alternative almeno capaci di mitigarne gli effetti puntando davvero sulle nostre straordinarie risorse umane, ambientali, produttive, naturali e culturali e sulla loro capacità di produrre cicli economici e sociali positivi. È accaduto, al contrario, che la classe dirigente che ha gestito il potere in questa Regione (quindi non solo dei partiti di Governo ma anche di buona parte delle istituzioni pubbliche e private e dei sindacati) sia passata dall'invocare come ubriachi l'arrivo della globalizzazione promettendo meravigliose opportunità per tutti mentre gestiva ogni piccola opportunità di corto interesse privato, all'ideologia della pacca sulla spalla e dello scarica barile quando impotente doveva registrare la crisi e le mancate risposte su cui aveva scommesso acriticamente, fino ad arrivare a giustificare qualsiasi svendita del nostro patrimonio e delle nostre risorse in nome della necessità superiore di “salvare la baracca”. Certo, è vero che le scelte di modello nel tempo della globalizzazione si compiono in luoghi distanti dalle comunità e dai territori su cui finiranno per incidere, che le assemblee elettive sono svuotate di ruoli e funzioni e che gli esecutivi sono chiamati a fare il guardiano al bidone vuoto ma, paradossalmente proprio per questo, la qualità dei gruppi dirigenti, la loro capacità critica e di analisi, insieme a quella di prevedere per tempo gli effetti delle trasformazioni, di indicare strategie per il futuro ed obiettivi originali, di dirigere i processi  ed alla loro autorevolezza politica e morale sono il miglior antidoto che una comunità possa opporre alla crisi. Oggi,  nella Basilicata costretta alle elezioni anticipate, finalmente la crisi politica e istituzionale deflagra trascinando i gruppi di potere in una miseranda rappresentazione della loro povertà umana e mostrando tutta la inconsistenza politica apparentemente sugli scontrini falsificati e su piccole responsabilità di sottogoverno ma, in realtà per l'incapacità di indicare vere soluzioni che è l'altra faccia dell'arroganza e della presunzione di impunità con cui ha gestito i privilegi per se e per i propri famigliari. La discussione sull'autunno in Basilicata dovrebbe partire da qui, da quale è, se non il progetto compiuto, almeno la direzione da imboccare con decisione per uscire dalla crisi sociale, economica, ambientale e di democrazia e, conseguentemente, su come una nuova classe dirigente capace di interpretare le scelte conseguenti ricambi quella che ha governato nell'ultimo quarto di secolo non solo perchè è alternativa nei modi di gestione del potere e nella sua qualità morale, politica e tecnica ma, anche, perché è capace di dare quelle risposte che chi è stato responsabile dello sfascio non potrà dare, perchè ha delle idee ed è capace di realizzarle. Abbiamo bisogno di ripartire da qui anche per evitare il grande rischio di trasformismo che si nasconde in una fase di questo tipo, magari con le pratiche di cambiare nome ad un partito o di “passare il giro” candidando  qualcun altro dal volto più pulito a tenere il posto per tempi migliori. Tanti modi di giocare allo stesso gioco: lasciare tutto com'è, facendo passare la nottata e continuando a manovrare senza assumersi responsabilità di rispondere agli uomini ed alle donne di Basilicata ed al loro grande bisogno di cambiamento.
Proviamoci!

Gianni Fabbris
Gianni Fabbris – Un'altra Basilicata è possibile





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