mercoledì 21 agosto 2013

Più investi, meno attrai. Il paradosso italiano del turismo regionale

Una cosa è certa: i conti non tornano. Almeno, non tornano dappertutto. Chi pensava che l'attribuzione di competenze sul turismo alle Regioni, avvenuta con la pasticciata e controversa riforma del titolo V della Costituzione voluta nel 2001 da un centrosinistra all'inseguimento della Lega Nord, avrebbe finalmente fatto ripartire quello che dovrebbe essere uno dei principali motori della nostra economia, deve vedersela adesso con i numeri. Uno innanzitutto: 939 milioni e 600 mila euro. Secondo uno studio recentissimo della Confartigianato è questa la somma (enorme) che nel triennio 2009-2011 hanno investito in media annualmente per la promozione turistica le 21 Regioni e Province autonome italiane. Con il risultato che mentre la spesa aumentava quasi ovunque a ritmi impetuosi, non si registrava lo stesso tasso di crescita per arrivi e presenze. Per non dire del paradosso più paradossale. Quello per cui chi più spende, meno turisti ha.
MOLISE E BASILICATA - Soltanto il Molise e la Basilicata hanno speso come la Sicilia, naturalmente in proporzione ai turisti arrivati nella Regione. Ma se la Regione siciliana, pur avendo speso per ogni presenza una cifra seconda solo a quella della Valle d'Aosta, è decima nella classifica del turismo, il Molise e la Basilicata sono invece rispettivamente ultimo e penultimo. Come per la Valle d'Aosta c'entrano sicuramente anche le dimensioni territoriali, che penalizzano le Regioni più piccole. È però un fatto (e sorprendente) che alla spesa proporzionalmente più elevata corrisponda il minor numero di presenze. Altrettanto incontrovertibile è che le sei Regioni e Province a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Trento e Bolzano) assorbano il 46,4 per cento del budget complessivo, contro il 4 per cento del Veneto. Ma con una spesa di 436,3 milioni riescono a portare appena un terzo in più dei turisti attirati in Veneto, dove l'investimento per la promozione non supera annualmente 37 milioni e 700 mila euro. Somma undici volte e mezzo inferiore.

Articolo tratto dal
Corriere della Sera (19 agosto)


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