giovedì 7 novembre 2013

Riaperto il processo Mitidieri. La Corte d'appello chiede di risentire 5 testi

POTENZA - Dovranno comparire il prossimo 20 novembre i 5 testimoni richiamati dalla Corte d’assise d’appello di Potenza nel processo per l’omicidio di Francesco Mitidieri. Incluso il teste chiave dell’accusa, l’amico soccorso da “brutti brutti” nella rissa esplosa il 7 maggio del 2005 nel Cherokee pub di Policoro. Si è conclusa il 5 novembre l’udienza a carico di Antonio Francese, il 25enne di Cassano allo Ionio, imputato per omicidio e già assolto in primo grado dalla giuria presieduta da Aldo Gubitosi e Marco Del Vecchio, dopo un dibattimento durato tre anni e mezzo. Per i giudici di primo grado Antonio Francese, 24 anni di Cassano allo Ionio, «non ha commesso il fatto», ma fino all’ultimo il pm materano Rosanna De Fraia aveva ribadito la richiesta di una condanna a 18 anni di reclusione. Di qui la decisione di proporre appello, a cui si sono associati anche la famiglia di Mitidieri e l’amico-testimone Gianfranco Prillo, ferito a sua volta da una coltellata nell’addome. La notte del 7 maggio del 2005 c’era stato bisogno dell’intervento dei carabinieri per evitare che la folla si facesse giustizia da sola. Francesco Mitidieri, era molto conosciuto a Policoro e la notizia della zuffa coi ragazzi calabresi aveva fatto in breve il giro del paese. Antonio Francese e due amici di Cassano quella sera avevano deciso di fare qualcosa di diverso e si erano incamminati lungo la statale 106. Lo scontro nel pub sarebbe nato per uno sguardo troppo insistente di Francese alla fidanzata di Prillo, costretto su una sedia a rotelle a causa di un vecchio incidente, e per questo soccorso da Mitidieri. In pochi minuti davanti al Cherokee pub si sarebbe scatenata una mega rissa con circa 200 persone implicate a vario titolo e soltanto in parte identificate dai carabinieri. Francese e i suoi amici avrebbero atteso le luci dei lampeggianti per uscire dalla boscaglia dietro al locale dove si erano nascosti mentre Mitidieri moriva in ospedale per un singolo colpo inferto dritto nel cuore. Ma i militari intervenuti sul posto avrebbero dovuto faticare non poco per aprirsi una strada e assicurare i tre ragazzi calabresi al sicuro in caserma. Col risultato che è stato impossibile delimitare subito la scena del crimine. D’altro canto, è fallito anche il tentativo dei carabinieri di mettersi in contatto con il Comune, e quando le ricerche dell’arma del delitto sono partite i cassonetti di immondizia della zona attorno al locale erano stati già tutti svuotati. L’assenza tra i reperti della lama da 12 centimetri che secondo la perizia autoptica del professor Luigi Strada avrebbe causato la morte di Mitidieri e la ferita all’addome del suo amico Prillo ha pesato non poco nel bilancio del dibattimento di primo grado, come l’assenza di altri testimoni oculari di quel fendente micidiale. Gli avvocati di Francese, Mino Marazzita e Giovanni Guaglianone, ne hanno fatto il fulcro della loro difesa, arrivando a ipotizzare che sia stato Prillo a colpire la vittima che era intervenuta in suo soccorso per poi autoinfliggersi un fendente in un punto del corpo dov’é insensibile a causa dello stesso incidente che da anni lo ha costretto sulla sedia a rotelle allontando le indagini da lui. Di fatto nelle motivazioni della sentenza di primo grado è proprio sulla deposizione di Prillo che si sono concentrati i principali dubbi della giuria. Ancora ieri durante l’arringa dell’avvocato Guaglianone, che ha chiesto la conferma dell’assoluzione per il suo assistito, sono stati ripercorsi diversi dei suoi passaggi definiti contraddittori. Come quando dice di aver visto Mitidieri e Francese uno di fronte all’altro dopo essere tornato sulla carrozzina da cui il ragazzo calabrese l’aveva rovesciato. Guaglianone ha insistito anche sul valore della macchia di sangue appartenente a Mitidieri trovata su una scarpa di Francese. Troppo piccola - secondo l’avvocato - per dimostrare che sia stato lui a sferrare la coltellata senza sporcarsi nient’altro: né il maglione né i pantaloni. Oltre alla testimonianza di Prillo la corte presieduta da Vincenzo Autera, coadiuvato dal consigliere Alberto Iannuzzi, risentirà anche il racconto della sua ex fidanzata (oggetto delle attenzioni sgradite di Francese), della fidanzata di Mitidieri e di due ragazzi identificati sulla scena dai carabinieri, uno dei quali già condannato in primo grado a a 5 mesi di reclusione proprio per la sua partecipazione alla rissa.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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