sabato 15 febbraio 2014

Ritorniamo in piazza Eraclea. “Non sei di Policoro se…”.




POLICORO – “Non sei di Policoro se…”. Imperversa su internet il passaparola che sta facendo proseliti: ritorniamo in piazza Eraclea. Nei giorni scorsi abbiamo parlato di un timido tentativo di rianimare la piazza centrale della città con la riapertura di un’attività commerciale; ora a perorare la stessa causa sono coloro i quali hanno vissuto una generazione sotto il porticato e nella relativa piazza. Oggi hanno mogli e figli, e prima di sposarsi si radunavano in piazza per aggregarsi, conoscersi, confrontarsi. Dopo quella generazione di quarantenni, oggi la piazza è tremendamente vuota tutto l’anno. Sono cambiate le abitudini dei nuovi policoresi: prima non c’erano i social network mentre oggi si trascorre buona parte della giornata sul villaggio globale della rete. Però c’è chi non si vuole rassegnare a vedere una città che sta morendo giorno dopo giorno in cui non ci sono più spazi sociali. Così domenica 9 una cinquantina di persone, tra cui Mimmo Simone, Ermanno Affuso, e tanti altri si sono dati appuntamento in piazza Eraclea per vincere la solitudine, l’anonimato, per rivedersi e soprattutto per dare un segnale che invertire la rotta si può. Basta volerlo: “Oggi paradossalmente –spiegano gli ideatori dell’iniziativa- si è compagni o amici anonimi. Il clik diventiamo amici non corrisponde poi al saluto quando ci si vede per strada. Tutti possono dire di tutto senza mostrare la faccia, nascondendosi dietro a uno pseudonimo senza il coraggio di andare in piazza a scambiarsi opinioni. C’è la complicità di un certo modo di vivere la rete che non trova riscontro nella realtà. Tanti dichiarano di utilizzare il Pc per fare nuove amicizie e alla fine possiedono più amicizie nel web che nella vita reale cosa che non accedeva un decennio fa. Allora c’era il passeggio, le comitive, il pub Time out dove potersi sedere e di fronte ad un aperitivo nascevano anche nuovi amori; oggi tutto è cambiato. Cerchiamo di ripartire, anche dallo stesso Time Out, per vivere non di anacronismi pensando anche ai nostri ragazzi che non debbano stare solo in rete e abituarli a riflettere su ciò che sta succedendo, perché se si verificano certi comportamenti un motivo c’è e vale la pena provare a scoprirlo. I social network possono offrire ad alcuni l’illusione di non essere mai soli, e permettono di non passare per quel buon compromesso, quelle obbligazioni e quelle mediazioni che una relazione reale inevitabilmente chiede. In Facebook è tutto immediato e in certa misura più facile: posso prendere e mollare un altro con un click, senza dover dare spiegazioni né ragioni, in modo istantaneo. In quel non luogo che è la rete ci si può anche circondare di soggetti che la pensano esattamente come noi, evitando ogni confronto - spesso costruttivo - con chi la vede diversamente. Si elimina così il contraddittorio, il dibattito, resta solo il consenso. Pur di collezionare il maggior numero possibile di "mi piace" da parte dei propri contatti alcuni diventano disposti a tutto, persino a postare foto e video che non vorrebbero mai veder pubblicate sulla prima pagina di un quotidiano, ma in rete sì, perché in rete si diventa più disinibiti, la mancanza di prossimità fisica risparmia l’impatto diretto con l’altro e il suo giudizio. Assistiamo pertanto a un grande paradosso: siamo sempre più connessi per sentirci meno soli e contemporaneamente diventiamo sempre più soli. Per alcuni si genera tale circolo vizioso in cui il virtuale presso cui ci si rifugia per scampare alla solitudine diventa il fattore stesso che la promuove. Una volta fatto fuori l’altro reale della relazione, con le sue caratteristiche e i suoi connotati ben precisi, ci si accontenta anche di un altro qualunque, che persino nel pieno anonimato assume una potenza incredibile. Ma noi siamo fatti così: non possiamo fare a meno di un altro, non possiamo prescindere dall’altro. Con questo movimento cerchiamo di offrire qualcosa di diverso: tocca a noi proporre e offrire prospettive e mete interessanti, luoghi reali dove poter fare esperienza del vantaggio della presenza di un altro con cui trafficare, magari anche litigare, dentro un rapporto che coinvolga tutto il corpo, fatto di sensazioni, movimenti e pensieri. Una volta presente un reale interessante e coinvolgente, il virtuale si metterà senza obiezioni al suo servizio, si sottometterà cosicché non dovremo temere più nulla. Le potenzialità verranno volte alla costruzione, non alla distruzione, e i rapporti, concreti e sensibili, ne potranno beneficiare per il meglio”.

Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)


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